venerdì 30 luglio 2010
Venerdì 30 luglio 1971
TELEVISIONE
la TV dei ragazzi
18,15 POLY E LE SETTE STELLE
Ricerche sulla spiaggia
Telefilm – Regia di Claude Boissol
Int. : Renè Thomas, Christine Simon, Dominique Maurin, Bernard Pisani
(Prod. : ORTF – Films Ayax)
GONG (Invernizzi Porcellino - Safeguard)
18,45 ROBINSON CRUSOE
dal romanzo di Daniel De Foe
Protagonista Robert Hoffman
Regia di Jean Sachs
Coproduzione. F.L.F. - Ultra-Film
GONG (Estratto di carne Liebig - Gran Pavesi - Detersivo Finish)
19,15 SPAZIO MUSICALE
a cura di Gino Negri
Presenta Gabriella Farinon
Musiche di Rossini, Ravel e Ciaikowski
Scene di Mariano Mercuri
Regia di Maria Maddalena Yon
ribalta accesa
19,45 TELEGIORNALE SPORT
TIC – TAC (Acqua Minerale Fiuggi - Nutella Ferrero - Dentifricio Colgate - Fernet Branca - Giovanni Bassetti - Zoppas)
SEGNALE ORARIO
CRONACHE ITALIANE
OGGI AL PARLAMENTO
ARCOBALENO 1 (Biscotti Gerber - Super Silver Gillette - Amaro Ramazzotti)
CHE TEMPO FA
ARCOBALENO 2 (Tonno Maruzzella - Agip Big Bon - Bibite Schweppes - Camay)
20,30 TELEGIORNALE
Edizione della sera
con
SERVIZIO SPECIALE SULLA MISSIONE LUNARE APOLLO 15
A cura di Tito Stagno
CAROSELLO
(1) Segretariato Internazionale Lana - (2) Oro Pilla - (3) Elettrodomestici Ariston - (4) Coca-Cola - (5) Insetticida Neocid Florale
I cortometraggi sono stati realizzati da: 1) Compagnia Generale Audiovisivi - 2) G .T.M. - 3) Massimo Saraceni - 4) Unionfilm P.C. - 5) Cinetelevisione
21,20 TV 7 - SETTIMANALE DI ATTUALITA’
a cura di Emilio Ravel
DOREMI’ (Caffè liofilizzato Lavazza - Esso Carburante - Birra Wuhrer - Shampoo Libera & Bella)
22,35 IL MIO BAR
Spettacolo musicale
di Corgnati, Simonetta, Vaime
Regia di Maurizio Corgnati
BREAK (Kambusa Bonomelli - Orologi Zodiac)
23,20 TELEGIORNALE
Edizione della notte
con
SERVIZIO SPECIALE SULLA MISSIONE LUNARE APOLLO 15
Cronaca diretta dell’arrivo sulla Luna
A cura di Tito Stagno e Piero Forcella
OGGI AL PARLAMENTO - CHE TEMPO FA - SPORT
SECONDO
TRASMISSIONI IN LINGUA TEDESCA PER LA ZONA DI BOLZANO
SENDER BOZEN
SENDUNG IN DEUTSCHER SPRACHE
19,30 FREIZEIT AUF DEM WASSER
Auf grosser Fahrt
Verleih: FIB
19,45 SALTO MORTALE
Die Geschichte einer Artistenfamille
Istanbul
Regie: Michael Braun
Verleih: BAVARIA
20,45 - 21,00 TAGESSCHAU
21,00 SEGNALE ORARIO
TELEGIORNALE DEL SECONDO PROGRAMMA
INTERMEZZO (Gulf - I Dixan - Stock - Cera di Cupra - Macchine per cucire Singer - Maxi Kraft)
21,15 Momenti del Teatro Italiano
CORRUZIONE A PALAZZO DI GIUSTIZIA
Tre atti di Ugo Betti
Presentazione di Achille Fiocco
Personaggi ed interpreti principali:
Vanan Annibale Ninchi
Elena Giulia Lazzarini
Erzi Nando Gazzolo
Croz Glauco Mauri
Cust Tino Buazzelli
Bata Loris Gizzi
Maveri Enrico Glori
Persius Gianni Galavotti
Malgai Gustavo Conforti
Scene di Nicola Rubertelli
Costumi di Guido Cozzolino
Regia di Ottavio Spadaro
(Replica)
Nel primo intervallo:
DOREMI ‘ (Aranciata Ferrarelle - Pepsodent - Aperitivo Biancosarti - Insetticida Getto)
TSI - SVIZZERA
19,40 MINIMONDO
Trattenimento per i piccoli
a cura di Leda Bronz
Presenta Carla Colosio
(Replica)
20,15 TELEGIORNALE 1° edizione
20,20 APOLLO 15
Cronache dallo spazio (A COLORI)
TV-SPOT
20,50 DIARIO DI VIAGGIO
L’isola di Formosa
Documentario (A COLORI)
TV-SPOT
21,20 TELEGIORNALE Edizione principale
TV –SPOT
21,40 I SETTE MARI
Mar Rosso
Documentario (A COLORI)
22,30 BONANZA
Il giornalista
Telefilm (A COLORI)
23,20 ROGER WHITTAKER
Programma di canzoni
23,50 TELEGIORNALE 3° edizione
24,00 APOLLO 15
Allunaggio
Cronaca diretta (A COLORI)
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Quest’oggi abbiamo deciso di dedicare il nostro post a uno dei capolavori del teatro italiano del Novecento, l’incisivo dramma Corruzione a Palazzo di Giustizia che l’autore Ugo Betti, marchigiano di Camerino, magistrato egli stesso, scrisse nel 1944 e fece rappresentare nel 1949. Si tratta di un testo dagli echi in parte pirandelliani, in parte kafkiani, ambientato in un non meglio precisato paese estero, che a dispetto degli anni mantiene inalterata la propria totale attualità. Per evitare di cadere in trappole ideologiche che il dramma in questione, se fosse idealmente proiettato nei giorni nostri, potrebbe facilmente suscitare (da questo blog, come saprete, la politica è bandita) e con l’intento di considerare il lavoro teatrale in quanto tale, abbiamo deciso di astenerci da qualsiasi opinione di natura personale. Abbiamo pensato di offrirvi, invece, un paio di autorevoli commenti a carattere esclusivamente teatral - letterario, seguiti da una selezione dei passi più significativi della piéce di Betti, ricavata dall’edizione pubblicata nel 1993 dalla Newton Compton nella gloriosa collana 100 pagine - 1000 lire, anche per sopperire all’assenza su Youtube di reperti video tratti da quella trasmissione, realizzata negli studi della RAI di Napoli verso la fine degli anni Sessanta con la partecipazione di un ottimo cast di attori, che venne replicata la sera di venerdì 30 luglio 1971.
Non ci resta che augurarvi una buona lettura e darvi appuntamento al nostro prossimo intervento, tra qualche giorno.
A presto ! ! !
CBNeas
La visione che Betti ha dell’esistenza umana è cupamente pessimistica. La sostanziale ambiguità delle manifestazioni del bene e del male ci impedisce di intravvedere una qualche via di uscita ; e d’altra parte la colpa non è mai strettamente personale, e dunque il verdetto non sarà mai definitivo, e cioè pacificante, ma casomai prenderà la forma di un rinvio a giudizio. Così nemmeno la giustizia umana, quella istituzionale, si salva dall’ambiguità: anzi, vi si trova pienamente coinvolta.
(da SALVATORE PISCICELLI, Un’amara visione del mondo, Radiocorriere TV, 25 – 31 luglio 1971, pag. 29)
Corruzione al Palazzo di Giustizia appartiene a quel piccolo gruppo di opere che riescono a essere insieme realistiche e metaforiche, inserite in una situazione storica ben definita eppure nello stesso tempo sufficientemente simboliche. I suoi personaggi, poi, hanno la caratteristica che Henry James attribuiva ai protagonisti dei drammi di Ibsen, di diventare, nella rappresentazione, contemporaneamente più astratti e più vivi.
(dall’ introduzione di Giovanni Antonucci all’edizione Newton Compton, 1993, pag. 11)
… pur apparentemente trionfando la corruzione, pur schierandosi a favore della corruzione l’accomodantismo della giustizia umana, il servilismo degli uomini, l’indifferenza della natura e persino l’idea “comoda” che gli uomini si fanno di Dio, nonostante tutto ciò finisce per trionfare misteriosamente in fondo all’animo umano l’esigenza insopprimibile della giustizia e dell’assoluto. Sicchè alla fine è proprio il colpevole che va a denunciarsi, spontaneamente, e proprio quando gli è stata assicurata una trionfante impunità. Questa è - fin troppo dichiaratamente - la tesi del mio lavoro.(Ugo Betti)
Dall’atto primo
IMPIEGATO (dando un’altra occhiata allo sconosciuto e continuando il suo lavoro): Eh, questo è un palazzo immenso, un vero labirinto, vengono anche forestieri ad ammirarlo. (Abbassando un po’ la voce : ) Attualmente… purtroppo… non ci si sente un gran buon odore; io dico che deve esserci un qualche sorcio morto in qualche angolo; eh, che ne dite, signore, non so se abbiate letto i giornali, anche ieri sera.
SCONOSCIUTO: Si.
IMPIEGATO: Non sta a me intromettermi, ma qui mi pare che sia in aria qualche cosa di grosso. Il temporale brontola.
SCONOSCIUTO: Voi siete cancelliere ?
IMPIEGATO: No, signore. Io sarei il becchino. Questo (battendo sulla cassa a rotelle) è il carro funebre, questi (mostra i fascicoli) sono i cadaveri.
SCONOSCIUTO: E il cimitero ?
IMPIEGATO (indicando una porta): E’ l’archivio, signore. Un posto piuttosto oscuro e tranquillo dove io porto questa roba e gli do sepoltura.
SCONOSCIUTO: Siete archivista ?
IMPIEGATO: Io dico becchino. Quando penso alla quantità di sudori, soldi e sospiri che stanno racchiusi nella più stupida delle carte che formano il più piccolo di questi fascicoli! Ma! (Lascia cadere un fascicolo nella cassa, ne prende un altro.) Io ci incollo su un bel numero, li registro in un bel librone, così la gente fa finta di credere che tutto ciò resti importante per secula seculorum, e si possa sempre ritrovare il filo di tutto…
SCONOSCIUTO: …e invece ci pensano i topi e i tarli del vostro cimitero, non è vero?
IMPIEGATO: Non sono i tarli né i topi, signore. Sono gli stessi interessati per i primi, ad annoiarsi e a pensare ad altro. La gente si annoia e pensa ad altro molto facilmente.
BATA: Nel palazzo si respira un’aria pesante. E’ vero o no che io l’ho sempre detto?
PERSIUS: Caro amico, non crediate di essere stato il solo.
MAVERI: Lo si diceva in parecchi.
CUST: Anche noi, tutti.
MAVERI: Quando si ha la coscienza tranquilla, la luce non fa mica paura.
BATA: Intendiamoci, è anche possibile che tutto sia una valanga nata dal nulla. La gente è fatta per chiacchierare. Il palazzo poi è la miniera, è il pozzo, è il nido, del malcontento, dei sussurri. Comincia uno, a spargere calunnie, l’altro seguita, il giorno dopo sono dieci, venti, e zu e zu, e zu e zu: è come una cancrena che s’allarga.
MAVERI: E poi i giornali; subdoli…
PERSIUS: …i partiti, gl’intrighi. Io sento in tutto questo una cupa volontà, una manovra.
BATA: Ma soprattutto è la città, sapete ? La città infame, infetta. Non ho mai visto una popolazione più maligna e corrotta.
PERSIUS: Sentiteli discorrere: non una parola in cui s’affacci la verità.
MAVERI: Non parliamo delle loro donne.
BATA: Sì, un vero immondezzaio. Il curioso è che esso ribolle d’indignazione perché nel bel mezzo del suo fetore esiste un palazzo dove l’aria non sarebbe… abbastanza balsamica. Il delitto dei giudici, in conclusione, sarebbe… di somigliare un tantino ai cittadini.
PERSIUS (acido): Caro collega, non si dovrebbe mai generalizzare. Io, per esempio, non credo affatto di assomigliare un tantino a un coso, un immondezzaio.
BATA: E io nemmeno, che scoperta.
PERSIUS: Per quel che mi riguarda, intanto, io ho la fortuna di poter dire che questo Ludvi-Pol non l’ho mai conosciuto, dico mai, eh? Nemmeno di vista.
BATA: A sentirvi si direbbe che i vostri colleghi non abbiano la stessa fortuna, e che ci siano dei pericolanti, dei compromessi.
PERSIUS (diplomatico): Io ho detto questo? Per carità. Io tengo molto a essere preciso, e se mai ci fossero davvero dei colleghi… che hanno perso l’appetito e passano brutte notti, ciò non mi riguarderebbe affatto. Questi sono momenti in cui ognuno pensa ai casi suoi e s’arrangia, che ne dite, Cust?
BATA (velenoso): Lo sappiamo, caro amico, lo sappiamo. Pare che vari colleghi si siano dati un gran da fare per mettere in moto molle e rotelle, pare che si sia tentato di vibrare colpi selvaggi, vere pugnalate.
PERSIUS (sarcastico): Sarà, ma io ho l’impressione che molti… pericolanti si aggrappino. Colleghi che sono diventati tanto gentili… colleghi che cercano di attaccare discorso… colleghi che vi aspettano per uscire insieme… Si aggrappano. Purtroppo io ho sempre fretta. Io ho sempre un’altra strada da fare. Io non so mai nulla. Io sono un macigno, caro collega. A proposito, Cust, sentite un po’ … (Ostenta di appartarsi a discutere con Cust.)
BATA (a Maveri): Avete sentito? Intanto non vedo che peso possa avere il fatto di avere o non avere conosciuto Ludvi-Pol. Questo Ludvi-Pol pare… pare che adesso sia un uomo liquidato. Ma fino a ieri…
MAVERI: Riverito più di un ministro!
BATA: Si sa che questi uomini sono dei veri ragni, ciò che li regge è appunto una ragnatela di relazioni che essi tessono abilmente. Naturale che molta gente li conosca. Il caro Persius potrebbe benissimo non aver conosciuto Ludvi-Pol ed aver conosciuto un qualche suo emissario. (Abbassando la voce:) Date le circostanze della sua ultima promozione non dovrebbe essere Persius a fare il Catone.
MAVERI (abbassando la voce) : Persius si sente forte.
BATA: Ah. E come mai?
MAVERI: Contatti in alto.
BATA: Possibilissimo, fatto apposta per scodinzolare.
MAVERI: Ora si strofina molto a Cust, naturalmente.
BATA: Ah. E perché?
MAVERI: Cust! L’astro di domani.
BATA: Cust?
MAVERI: Cust. Uomo abile, e non credo imbarazzato da molti scrupoli.
BATA: Ma il grande Vanan?
MAVERI: Liquidato. Un cadavere.
BATA: Siete sicuro? Perché poi è anche difficile regolarsi, vi sono degli alti e dei bassi. (Guardando pensierosamente Cust: ) Del resto io sono sempre stato in ottimi rapporti, con Cust.
MAVERI: Si? Or ora mi sembrava un po’ sulle sue.
BATA (turbato): Cust? Con me?
MAVERI: Forse è il suo modo di fare.
BATA: Io ho sempre detto che era un ottimo elemento… (Vedendo che Maveri fa per accostarsi anche lui al gruppo di Cust: ) Sentite, caro collega, è tanto che volevo dirvelo. Voi avete una parentela, col presidente Tomisco, non è vero?
MAVERI (abbottonato): Una parentela… molto lontana. Perché ?
BATA (rugiadoso): Io mi sono trovato, al principio della mia carriera, col presidente Tomisco. Persona veramente… degna. Influente. Sarei tanto lieto di poter rinnovare la conoscenza. Se voi voleste, gentilmente… ricordarmi a lui…
MAVERI (sfuggente): Io lo vedo poco, sapete, lo vedo poco.
BATA (servizievole): Caro collega, non temiate che io voglia, come suol dirsi, falciarvi l’erba sotto i piedi. Al contrario. Anche io, se potessi favorirvi… Io ho tanta stima di voi.
MAVERI: Anche io di voi.
BATA: Grazie. Qualche volta… essendo in due, si può un tantino… spalleggiarsi… Brutto, avere un nemico in questi momenti!
MAVERI (cauto): Brutto. Ma io spererei…
BATA: Non si sa mai, caro collega. Si è traditi da chi meno si crede. Mah. Non sta a me parlare.
BATA: Caro Erzi, noi non sosteniamo affatto che nel Palazzo non serpeggi un certo… disordine.
CUST: Disservizio, più che altro; un certo lasciar correre.
PERSIUS: Eccesso di disinvoltura, di spregiudicatezza.
BATA: Andiamo pure più in là: un certo difetto di zelo morale, una certa indulgenza per i furbi.
CUST: Il Palazzo, è un tantino il paradiso dei furbi.
MAVERI: Io ho sempre disapprovato certe tolleranze.
PERSIUS: Tutti, tutti, le abbiamo disapprovate.
BATA: Sarebbe, in conclusione, come se qua e là per questi corridoi, uffici, scale, eccetera, ci fossero degli angoli, dei gomiti non molto illuminati, dove si accumula un po’ di sudiciume, cartaccia, polvere. Ma chi sarà, se mai a razzolarvi in mezzo? Cancellieri, scrivani, grattacarte e simile muffa…
PERSIUS: …ce n’è uno sproposito, qui dentro, saltano fuori da tutti i buchi…
MAVERI: …Un vero esercito di topi roditori…
BATA: …Io direi che la cosa non riguarda i magistrati.
ERZI: L’impressione del ministro è che codeste muffe, codesta aria ammorbata, abbiano germogliato in qualche cosa di più: una specie di fiore velenoso. (Un silenzio.)
BATA: Capisco. Anche noi giudici: siamo in parecchie centinaia, qua dentro, a far svolazzare le nostre toghe nere e brontolare le nostre giaculatorie. Sarebbe contro natura se in così grosso convento mancasse qualche cattivo negligente frate.
ERZI: Il ministro non si preoccupa dei frati negligenti. Egli pensa che ben nascosta sotto qualcuna delle tonache di cui avete parlato, debba esservi la piccola rosea pustola della lebbra. Corruzione.
BATA: Corruzione.
ERZI: Noi cerchiamo un lebbroso.
BATA: E perché questi lebbrosi cominciate proprio di qui, a cercarli?
ERZI: E’ un onore per voi. Non è questa la sezione cui sono riservate le grandi cause?
CROZ: Ah ah ah. E’ stata per me una delizia, starvi a sentire. Che eleganza di concetti, che metafore! Io vado pazzo di ciò, mi sforzo anche io ma poi dovete sentire Cust, è un vero artista. Oggi tace molto. Trovo che l’eleganza dell’espressione conferisce tanto, al giudice, è l’indizio di un cervello molto circonvoluto, per così dire. Dunque ascoltate anche il mio, dei paragoni. Sapete caro Erzi, cosa siamo noi poveretti, noi infelici giudici di questa sezione, sicuro, la sezione delle grandi cause? Un piccolo, solitario e malfermo scoglio sul quale piombano da tutte le parti ondate immense, spaventose; vere schiumose montagne. E cioè interessi implacabili, ricchezze sterminate, blocchi ferrei manovrati da uomini tremendi, insomma forze veramente selvagge, il cui urto… - poveri noi meschini - è qualche cosa… di scatenato, di affascinante, di feroce…
ERZI (completando): …una specie di fenomeno tellurico…
CROZ: Tellurico, ecco: tellurico.
ERZI: …al quale è difficile insegnare il galateo.
CROZ: Mi avete rubato le parole. Vorrei vedere il signor ministro al nostro posto.
ERZI: Il male è che fra codesti ferrei blocchi circolano invece dei gusci piuttosto fragili, che vanno in frantumi per nulla. Prendete il caso, l’altro ieri, della donnetta di via Panama: un po’ di fumo e di carta accesa sono bastati per mandarla al Creatore. Non era stata questa sezione che aveva deciso in tutta segretezza di piombare in via Panama per sequestrarvi dei documenti?
CROZ: Sì.
ERZI: Ma quando l’autorità arrivò, il luogo ardeva da dieci minuti, i documenti anche e purtroppo anche un’innocua portinaia. I giornali strillano ancora.
CROZ: Voi dite…
ERZI: Che qualcuno, da qui, aveva avvertito gli interessati. (Pausa.) Non è che un caso fra i molti: per compendiare la situazione. (Un silenzio.)
CROZ: Uno di noi?
ERZI: Uno di voi. (Un silenzio.)
CUST: Vanan conosceva Ludvi-Pol. Essi erano in rapporto. (Un silenzio.) E’ doloroso, per me, parlare. Credo… ho avuto l’impressione che Ludvi-Pol abbia sovvenuto al Presidente Vanan una certa somma . (Con voce tranquilla, bassa.) Ma sentite, Erzi: se ciò che avete detto è vero… potrà essere lo stesso Ludvi-Pol, interrogato, a rivelarne il nome… oppure i nomi che cercate. Credete che egli parlerà?
ERZI: Non credo.
BATA: Oppure potranno essere le carte di Ludvi-Pol a parlare!
CROZ (ride): Lo stimate così idiota da aver messo certe cose per iscritto?
CUST: Ma un lungo, abile interrogatorio.
ERZI: No. Non avremo risposta da Ludvi-Pol.
CUST: Perché?
ERZI: Perché è morto. (Un silenzio.) Il suo corpo è stato scoperto per caso, nelle prime ore di stamane; sapete dove?
CROZ: Dove?
ERZI: Qui. Nel palazzo, in un locale dove Ludvi-Pol non aveva alcun motivo di trovarsi, specie di notte. Ora è là, disteso.
CUST: Anche lui un fragile guscio.
ERZI: Suicidio.
CUST: Sicuramente?
ERZI: Sì.
CUST (impalpabilmente eccitato): Perdonate, potrebbe anche essere una messinscena. La persona che voi cercate aveva un grande interesse a che la bocca di Ludvi-Pol fosse chiusa, non è vero? Quella persona proverà ora un bel sollievo. Questo Ludvi-Pol d’altra parte era un essere spregevole, la cui condanna a morte non doveva incontrare molte obiezioni nel Tribunale di un animo umano. Oppure… guardate: proprio gli elementi messi lì eventualmente a suggerire l’omicidio, proprio essi potrebbero essere il frutto di una messinscena. A quale scopo ? Per fuorviarvi. Per compromettere un innocente. Le ipotesi sono molte, moltiplicarle è un gioco… sempre attribuendo alla persona che cercate una certa sottigliezza. Vi consiglio di non trascurare nessuno di codesti fili.
ERZI: Suicidio. (Pausa.)
Dall’atto secondo
CUST: Penso che se il vostro lebbroso esiste e se esso non è Vanan, vi riuscirà difficile trovarlo.
ERZI: Dunque non impossibile. Ma perché difficile ?
CUST: Perché il filo dei fatti, che poteva guidarvi fino a lui, è troncato. Ludvi-Pol è morto: la bocca che poteva parlare è chiusa.
ERZI: Allora voi credete che in questo momento, in una qualsiasi delle tante stanze di questo palazzo, vi sia una persona in cui ormai è cessato ogni timore.
CUST (pensieroso) : Sono stanze molto quiete. Vi siedono uomini dal viso malaticcio, proprio di chi vede raramente il sole. Per lunghi anni, ascoltando in silenzio molte bugie, essi hanno esaminato azioni umane di straordinaria sottigliezza e perfidia. La loro esperienza è immensa. La gente vede oltre il tavolo dei signori un po’ logorati e cerimoniosi. Ma in realtà, specie quelli di essi che salirono agli alti gradi, sono dei lottatori, caro collega, nonostante che le loro vene irrigidite si rompano con facilità. Generalmente hanno il sonno difficile, e così… (Si interrompe.)
ERZI: E così ?
CUST: …e così covano le loro idee a lungo. Sono capaci di ascoltare attentamente, tenaci, prudentissimi.
ERZI: Difficile coglierli in fallo, dunque.
CUST: Sì, qualcuno di essi è l’uomo che cercate.
ERZI: Il lebbroso.
CUST: Oggi egli è un uomo in alto. Il giorno in cui voi riusciste a smascherarlo egli rimarrebbe per un momento come fulminato; milioni di occhi su lui; poi egli precipiterebbe in un abisso di tenebre.
ERZI: E allora?
CUST: E allora egli si difenderà, caro collega. Credo che la sua situazione gli conferisca una strana inebriante libertà.
ERZI (fissandolo): Io immagino che una sera, a ora inoltrata, quest’uomo, questo giudice che noi cerchiamo, sollevò il volto dal suo scrittoio. La persona che entrò era deferente, la visita aveva un motivo legittimo. Poi la conversazione divagò, alte amicizie, segreti poteri, attraenti lusinghe balenarono in essa…
CROZ (appare sulla porta della cancelleria e si ferma in ascolto, non veduto da alcuno).
ERZI (continuando senza interruzione): … Il prudente visitatore tentava di incontrare qualcosa che nell’anima del giudice era in attesa, e che si chiamava ambizione; oppure avidità; oppure invidia; oppure odio. Quando è che quella lecita cordialità, quelle vaghe promesse, quel sottile legame divennero un laccio, tenuto dalla mano di un padrone?
CUST (leggermente sudato): Trovo la vostra ricostruzione molto verosimile.
ERZI (incalzando impalpabilmente): Fu così che quel giudice pose a servizio di un padrone e dell’ingiustizia una mente acuta e dominatrice. Falsò decisioni, tradì segreti, alterò destini umani; sparse qui un turbamento che presto inquinò l’intiero palazzo; condusse la ferrea ruota della legge su molti innocenti. Persino l’omicida può immaginare di essere un giustiziere. Ma il nostro uomo sapeva bene di falsare proprio la sacra bilancia della giustizia. In nome di che cosa? Perché?
CROZ (dal fondo, intervenendo inopinatamente): Ma perché probabilmente gli erano venuti dei dubbi.
ERZI (voltandosi): Su che cosa?
CROZ: Sulla sacra bilancia eccetera. (Ride, tossisce, s’inoltra.) Il diavolo - voglio dire Ludvi-Pol - era venuto a trovarlo, quella sera. Ma probabilmente il nostro uomo lo aveva desiderato, non è vero Cust? Succede al giudice come al prete: dopo avere officiato tutta la vita davanti al ciborio, gli viene una uggia terribile, e una gran voglia di vedersi apparire davanti appunto il diavolo.
ERZI (fissando ora Croz): Ma non lo rese saggio l’essere in là con gli anni, l’essere ormai fuori dal gioco?
CROZ (sghignazzando): Fuori dal gioco? Ma non si è mai fuori dal gioco, caro Erzi! Mio caro, voi figuratevi uno di quegli insetti neri, brutti, pinzuti. E uno lo stuzzica: e quello pinza. E uno lo storpia: e quello pinza. E uno lo stronca in due: e quello pinza. E uno gli trafigge e gli schiaccia anche la testa: e le pinze seguitano a pinzare, a pinzare, a pinzare. Così, per nulla. La vita è questo.
ERZI (con voce severa) : Signor presidente Vanan ! L’Alto Consiglio vi aveva concesso una dilazione e tale dilazione scade oggi. Voi oggi siete chiamato qui a dare le vostre dichiarazioni definitive. Voi avevate promesso di preparare le vostre difese.
VANAN (con voce incerta): Eh… Sì… sissignore.
ERZI : Lo avete fatto ? (Un silenzio.)
CROZ (brontolando): Non ti è rimasta nemmeno molta eloquenza.
ERZI: Gravi elementi risultano a vostro carico. Voi affermaste che potevate smontarli, demolirli. In quale modo ?
CROZ: Muto come un pesce.
ERZI (con voce man mano più severa): Ma soprattutto voi dichiaraste che riesaminando nella vostra memoria certe allusioni di Ludvi-Pol, vi sarebbe stato possibile scoprire addirittura il vero colpevole. E allora? Vanan, di che si tratta? (Un silenzio.) Diteci questo nome, Vanan! (Un silenzio.) (Voltandosi e tornando a sedere.) O da voi o in un altro modo noi sapremo questo nome entro oggi. (Agli altri: ) Ma già questo silenzio è una risposta. Vanan, debbo ritenere che voi vi riconoscete colpevole? Dunque è vero? Provenne da voi il raggiro che ha avvelenato questo tribunale, l’intiero palazzo e tutta la città?
CUST (un po’ rauco): Parlate, Vanan, parlate liberamente.
VANAN (farfugliante, supplichevole e curiosamente falso): Io debbo… ringraziare.
ERZI (sorpreso): Che cosa?
VANAN (c.s.): Debbo dire… che effettivamente… l’Amministrazione ha usato con me… molta benevolenza… (commuovendosi: ) non è davvero che io possa lamentarmi.
ERZI (sorpreso): Ma che cosa dite, Vanan!
VANAN (c.s.): Come vecchio… magistrato sento… il dovere di esprimere… di baciare… la mano benefica…
ERZI (improvvisamente urlando): Che cosa dite, Vanan!
VANAN (un po’ spaventato): No, non fate così… effettivamente… io sono molto vecchio, e anche… malato, sapete?
ERZI (rapidamente): Vanan, ma voi allora confessate di essere colpevole?
VANAN (lo guarda sospettosamente; d’un tratto, oratorio, falso) : Innocente, signore ! Sospettato innocente. Inchiodato alla croce… come il Signore nostro innocente… Signori, questa canizie è stata… calpestata.
ERZI: Vanan, chi è il colpevole?
VANAN (c.s.): Sì, sì, egregio signore, vi è, un colpevole! Giuro davanti al trono di Dio che vi è un colpevole! E io… e io saprò smascherarlo… I vili saranno… rovesciati nella polvere…
VANAN: L’ inconveniente era che io ero solo, tutti credevano che le cose stessero nell’altro modo, e così… Cust, sei mai stato a bagnarti in un fiume, quando si vede tutta l’acqua andare, andare tutta per un verso, e uno invece sta lì, fermo, lui solo, da solo, in mezzo a tutta quell’acqua… e gli comincia una specie di capogiro… E così, a poco a poco…
CUST: …a poco a poco…?
VANAN: …mi sono scoraggiato, Cust. Delle volte parlavo forte, da solo, dicevo che io ero innocente… Ma anche la voce mia, non aveva più fiducia… (D’un tratto:) Sai che cos’era? (Bisbigliando: ) Che quasi quasi non ci credevo più.
CUST: A che cosa?
VANAN: Non ci credevo più. Certo, si sa, qualche cosetta, nel testimoniare, l’ho un po’ accomodata… forse ho fatto un po’ di confusione… Che ne so io, un po’ di colpa potrei benissimo averla avuta anch’io; tutti lo dicono… (D’un tratto, indicando verso il corridoio: ) Dì, Cust. Soprattutto è quella là a tormentarmi.
CUST: Chi?
VANAN (c.s.): Mia figlia. E’ lei che mi spinge.
CUST: Che cosa dite?
VANAN: Sì, sì.
CUST: E che cosa vuole da voi.
VANAN: Vuole… che io faccia… che io scriva… che io accusi… perché io sono innocente, che insomma io devo farmi sentire… Ma io sono vecchio, Cust, sono stanco… E qui, ora, sono tutti sgarbati, tutti superbi. E lei questo non lo capisce mica. Non lo sa mica, lei, che a insistere, a parlare, c’è da ingarbugliarsi peggio!
CUST: E’ stata lei a portarvi qui?
VANAN: Sì, lei. (Ridendo:) Chi sa che rabbia ha avuto, quando l’hanno mandata via. Ora è lì fuori ad aspettarmi. Ma io sai che faccio? Esco di lì, dalla cancelleria. (D’un tratto scostando Cust con un grido alto e con strana insospettata energia: ) Io odio tutto questo. Io odio anche te, Cust. Io ti potrei uccidere. (Muovendo verso la porta con una specie di solennità.) Lasciatemi andare. Io non voglio più pensare a queste cose.
(Dalla porta del corridoio scivola dentro Elena, la quale fa cenno a Cust di non dir nulla. )
VANAN (con tutt’altra voce, fermandosi): Vedi, Cust, io vo’ sempre gridando di essere innocente come nostro Signore Crocefisso; ma se io nel dire questo fossi un po’ ipocrita, e il Signore mi castigasse? (Vagamente: ) L’uomo ha bisogno di pace, non può stare contro tutto… Delle volte dico a mia figlia che vengo al palazzo, e invece vado in un giardinetto, sto un po’ lì. Addio caro. Addio. (Si dirige verso la porta della cancelleria; di lì fa a Cust un cenno di saluto, scompare; Cust ed Elena restano soli.)
ELENA: Sono sua figlia.
CUST: Lo so.
ELENA (con dolore): Lui non ha altro al mondo. E lo stesso io. Non trovate triste che egli mi sfugga? E ridicolo che io lo insegua?
CUST: Non è facile capire ciò che avviene in noi.
ELENA: Voi siete l’inquisitore?
CUST: Avete qualche cosa da dirgli?
ELENA: Sono venuta apposta.
CUST: Parlate pure. Riguarda l’inchiesta?
ELENA: Sì. E’ importante, segreto.
CUST: Allora presto. Le decisioni sono per questa sera.
ELENA: Signore, ciò che mio padre vi ha detto non è la verità. So che non è stato sincero.
CUST (cauto): Quando è che un uomo lo è veramente? Difficile esserne sicuri.
ELENA: Scusate, signore. Il mio primo ricordo è questo: io sono sulle ginocchia di mio padre, che allora non aveva i capelli bianchi, lui tiene gli occhi chiusi e io, con un dito piccolo così, fingo di disegnargli tutto il viso, gli faccio gli occhi, il naso, la bocca… Questo era uno dei nostri giochi; ma ne avevamo molti. Non vi dico la felicità, il rapimento, di tutti e due! Quando sento parlare di persone che si amano, io so che nessuno potrà essere mai come noi, io e papà. Se qualcuno mi diceva che gli assomigliavo, sentivo le guance scottarmi d’orgoglio. Avrei rifiutato di andare in paradiso, se mio papà non avesse dovuto esservi.
(Tace un momento, poi, senza parole, estrae dalla borsetta una busta, la mostra.)
CUST: Che cosa è?
ELENA: Le sue difese, signore. Il memoriale. Basterà che venga letto e mio padre sarà assolto. (Un silenzio.)
CUST : Ma vostro padre ha detto or ora…
ELENA: Sì. Lui ricusa di presentarlo. L’ho portato io di nascosto.
CUST : Ha addirittura escluso di averlo scritto…
ELENA: Oh, lui ha impiegato qui sopra intiere notti… io l’ho aiutato…
CUST: E perché ora lo rifiuterebbe?
ELENA (con dolore e affanno): Perché è un uomo spaventato e confuso. Qualcuno ha messo dentro di lui non so che dubbi, paure, è stata come una malattia… Come uno che fosse caduto… e non volesse più rialzarsi, ma solo chiudere gli occhi.
CUST: Voi conoscete il contenuto di questi fogli?
ELENA: Certo. Papà si è ricordato di mille particolari… la sua innocenza è evidente. E’ fatta luce su tutto.
CUST: E codesta luce ci permette poi di scorgere d’altro? Dico il vero colpevole.
ELENA: Ma, certo, signore. Di pagina in pagina, a poco a poco, lo si capisce, lo si indovina: il vero colpevole.
CUST: Ne ricordate il nome? Un certo Croz?
ELENA (incerta): Non questo nome. (Porge il memoriale, lo mette nelle mani di Cust.)
Dall’atto terzo
ARCHIVISTA (è entrato in furia, ansando): Conosciamo il nome del colpevole!
BATA: Coraggio, Malgai.
ARCHIVISTA (eccitato, godendo l’indugio): Io immagino il subbuglio che scoppierà!
MAVERI: Su dunque!
PERSIUS: E Croz?
BATA: E’ morto?
ARCHIVISTA: Nessuno ormai udrà più la sua voce diabolica. Nemmeno io saprei dirvi le impertinenze inventate da quel vero demonio, prima di farsi cavare il nome del colpevole! Lui tossiva, lui ammiccava, lui lanciava infernali maledizioni, lui non s’è fatto riguardo di pretendere che il signor Erzi tirasse a indovinare facendo il nome di questo e di quello! E d’un tratto Croz fa: (imitando) “ No. Nessuno di questi. Il colpevole si chiama…”.
ERZI (entrando): Si chiamava… Croz. (Avanzando con un certo distacco:) Sì, signori, il vostro collega Croz ha rivelato in punto di morte che il colpevole della corruzione di questo palazzo era lui e nessun altro che lui; che Vanan è innocente; e che tutti gli altri giudici pure lo sono, soprattutto, lui disse, perché corti di cervello; e che il migliore di tutti, qua dentro, e più meritevole d’essere nominato presidente… eravate voi, Cust. Ha usato per voi parole deferenti… benchè buffonesche e aspre, secondo il suo stile. Vi ha mandato a dire… aspettate… (cerca di ricordarsi) “Che ognuno la propria rogna deve grattarsela da solo ”.
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